Cinzia Ruggeri

Il fondo dedicato a Cinzia Ruggeri (Milano, 1942-2019) è composto solo da 8 figurini da cui però emerge la sperimentazione della fashion designer. I disegni sono stati donati nei primi anni Ottanta e coprono due anni di progettazione, 1980-1982.

L’esordio

Ruggeri frequenta a Milano i corsi di disegno, grafica e fotografia presso la Scuola Superiore delle Arti Applicate, esordisce nel campo dell’arte nel 1960 con una personale di pittura alla Galleria del Prisma di Milano, la presentazione è scritta da Dino Buzzati. Dal 1966 inizia a lavorare come freelance-designer per poi trasferirsi a Parigi, presso l’Atelier Carven. Dopo queste esperienze torna in Italia e assume la direzione della ditta paterna, UniMac, una delle più importanti aziende di produzione nel settore del prêt-à-porter italiano che presto però cessa l’attività. Nel 1972 Ruggeri fonda quindi la linea Bloom SpA.

Gli anni Settanta e la fortuna con il lino

Bloom SpA inizia la collaborazione con il marchio Punch, grazie ad un accordo con il suo fondatore Stefano Ottina. La collaborazione invece con Vittorio Solbiati, personaggio chiave per la produzione del lino, contribuisce a gettare le basi per la sua fortuna sull’utilizzo di questa fibra naturale1. Difatti, nel 1977 sarà proprio Cinzia Ruggeri l’art director di Commissione Tutela Lino di Milano, sostituendo lo stesso Solbiati.

I due marchi sfilano insieme e insieme si presentano anche sulle copertine di Vogue, come i numeri 257 (aprile 1973); 300 (ottobre 1976); 305 (marzo 1977) e 348 (1 ottobre 1979).

Le sperimentazioni della materia

Nel corso degli anni Ottanta Cinzia Ruggeti sperimenta materiali alternativi ed in particolare si orienta verso la scelta di tessuti che nella loro rigidità ben si prestano a costruzioni volumetriche. Le sue creazioni sono sempre caratterizzate da un’estrema stravaganza ed ironia e si distinguono per l’introduzione di materiali innovativi tra cui: cristalli liquidi integrati, fibre metalliche e led luminosi.

In particolare i figurini Indications de jeu e Banana morbide (fig. 1) , e Banana lumière (fig. 2) sono nati per alcuni spettacoli teatrali, il primo con le musiche di John Cage, Erik Satie e i testi di Nanni Balestrini, mentre il secondo vedeva alla regia Lorenzo Vitalone con le coreografie di Valeria Magli (fig. 3), le luci di Piero Fogliati e le musiche di Walter Marchetti.

In archivio vi è un altro progetto che dimostra la sempre attenta sperimentazione per i nuovi materiali, è il figurino realizzato nel settembre del 1981, capo che si accende attraverso dei led cuciti su tutta la bordatura di un tessuto trasparente che lascia chiaramente intravedere il sesso. (fig. 4)

Le collaborazioni

I continui scambi artistici sono molto frequenti in tutta la produzione di Cinzia Ruggeri: dalle feste realizzate con gli artisti Davide Mosconi e Valentino Parmiani nel castello di Jerago in provincia di Varese ai lavori con gli architetti radicali degli anni Ottanta alla produzione nel 1983 – insieme a Marco Poma e con la performer Valeria Magli – del video Per un vestire organico ideato per il corso di fotografia Nuove tendenze italiane nella creazione di immagini, ospitato nelle sale di Palazzo Fortuny a Venezia. Della Ruggeri si ricordano inoltre le collaborazione con Alessandro Mendini – direttore di Domus – che nel 1982 affida le copertina della rivista Studio Alchimia e Occhiomagico per cui Ruggeri veste i protagonisti. Famoso l’abito Hommage à Levi Strauss con il motivo della scala che compare sulla copertina dell’album Aristocratica (1984) dei Matia Bazar.

Progetti vari

Cinzia Ruggeri scardina i vari linguaggi, si inserisce parallelamente nel mondo della moda, del design e dell’arte. Questa sua veste camaleontica le permette di viaggiare sui differenti binari della progettazione artistica, sperimentando in primis una rielaborazione e una comunione dei diversi linguaggi. Le collezioni della Ruggeri si arricchiscono di varie incursioni multidisciplinari, un esempio sono questi figurini (fig. 5/fig 6 ). Il primo decorato con alcuni disegni di derivazione futurista, mentre il secondo è arricchito da cristalli liquidi che si può attivare attraverso un fascio di luci (qui rappresentato nel faretto teatrale). Ai due abiti realizzati con elementi decorativi quali i disegni e i cristalli liquidi si contrappone quello giocato totalmente sulla morbidezza del tessuto (fig.7).

Emerge come Ruggeri, carica di spirito postmoderno, possa muoversi in tutte le epoche e in tutti gli stili. Della progettazione della stilista, Elena Fava scrive: «Ogni progetto è intriso di tracce autobiografiche e si muove in bilico tra citazioni del passato e attesa del futuro. Ogni progetto di-venta un dispositivo per mettere in scena le emozioni e reclama un corpo per essere attivato»2.

La citazione in archivio: il ricordo di Sissi

Non vi è dubbio che il ricordo della Ruggeri e suo il retaggio abbiano influenzato una più giovane generazione di designer e artisti che nel suo lavoro hanno visto le radici di una continua sperimentazione.

L’artista Sissi (Bologna, 1977), invitata dallo CSAC a ideare progetti in relazione al patrimonio archivistico, individua subito in Ruggeri una figura chiave per la sua poetica. Attinge quindi dalla visionarietà dei suoi modelli, in particolare dalle forme definite da cartamodelli quasi di sapore biomorfico (fig.8) per elaborare un modello di un cappotto con forme simili (fig.9).

  1. Elena Fava, Vestire le emozioni, in Anni Ottanta (a cura di F. Fabbri), Zone Moda Journal, Università di Bologna.

  2. E. FAVA, C_i_n_z_i_a_ _R_u_g_g_e_r_i_’s_ _N_e_w_ _M_a_n_,_ _ “Dune”, vol. 001, November 2020, p. 177.