Archizoom
Nel 1981 Archizoom Associati dona allo CSAC dell’Università di Parma un fondo costituito da materiali eterogenei per un totale di 1537 elementi (1418 disegni, 76 fotografie, 43 tra prototipi, modelli e films). Il gruppo, tra le voci più autorevoli del movimento dell'architettura radicale, viene fondato a Firenze nel 1966 da Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi (a cui si aggiunsero due anni dopo Dario e Lucia Bartolini). Il fondo archivistico, che comprende opere fino al 1974 (anno di scioglimento del gruppo) è stato schedato per progetto, fotografato in forma di diapositiva e in parte riprodotto digitalmente. Il catalogo completo del fondo, a cura dello CSAC, è stato pubblicato in occasione della mostra Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra, promossa dall'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in collaborazione con lo CSAC.
I primi lavori
Sono conservati presso lo CSAC, alcuni celebri lavori di Archizoom Associati risalenti ai primi anni di attività, tra cui il progetto di sistema metropolitano diffuso No-stop City, datato 1969/1972, “una città infinita” in cui l’architettura praticamente scompare, e l’opera No-Stop Theater del 1971, intesa come struttura teatrale continua. Entrambi sono esemplificativi della linea di ricerca adottata dal gruppo, che analizza criticamente la ormai imperante società dei consumi.
In questi primi anni, i membri di Archizoom sono protagonisti di importanti occasioni espositive come la progettazione, insieme a Superstudio, della mostra Superarchitettura alla Galleria Jolly di Pistoia nel 1966, data che, come afferma Alessandra Acocella, è passata alla storia come momento fondativo dei due gruppi1. In mostra, sono presentati prototipi in legno e cartone dai colori vivaci, arredi nati per “sovvertire l’ordine borghese dell’abitare domestico”2, come il divano Superonda, che sarà messo in produzione da Poltronova nel 1967.
Il fondo conserva, inoltre, la maquette della tesi di laurea di Andrea Branzi del 1966, Individuazione di Quanti di Attrezzature per il tempo libero nel Comune di Prato, in un esemplare ricostruito dall’autore nel 2007.
The New Italian Domestic Landscape
Lo CSAC custodisce i materiali progettuali della mostra The New Italian Domestic Landscape, presentata al MoMA di New York nel 1972, che fece conoscere alcuni dei designer italiani più interessanti dell’epoca, tra cui quelli legati all’aspetto più radicale del design come il gruppo Archizoom. Il loro progetto denominato la Stanza grigia consisteva nella creazione di un ambiente vuoto accompagnato dalla voce di una bambina che stimolava il visitatore a immaginare liberamente la propria abitazione. Nel catalogo della mostra, il curatore Emilio Ambasz scrive:
All the new Italian architecture — Archizoom, Superstudio, etc. — has asserted that its aims are conceptual and behavioral. Proclaiming itself as radical, it no longer wishes to be commercialized or alienated, or to renounce its own ideas and expressive attitudes.3
Un Progetto quindi che richiede una fruizione non convenzionale dell’ambiente e che permette al visitatore di utilizzare l’udito oltre al tatto e alla vista, come afferma Dario Scodeller in mostra sono presenti “le istanze più squisitamente radicali della rinuncia al medium espositivo, come quelle degli Archizoom (con il loro disilludente “gazebo” vuoto con vocina di bimba”4).
Vestirsi è facile. La centralità del corpo
In concomitanza con le proposte di organizzazione dello spazio abitativo attuate dall'architettura Radicale tra la metà degli anni Sessanta e la prima metà del decennio successivo, Archizoom Associati iniziano a sperimentare intorno all’idea di abito, inteso nella sua accezione di habitat. Nel 1972 viene elaborato il Dressing Design, un sistema basato sulle possibilità combinatorie di un quadrato di tessuto attraverso tagli, pieghe e cuciture, poi raccontato nel film in 16mm Vestirsi è facile (film > https://www.youtube.com/watch?v=MKI80_pnzIA), presentato alla Triennale nel 1973. Questo progetto consisteva in un modo di vestire essenziale e unisex, basato appunto su un pezzo di stoffa e una “cassetta di montaggio domestica” contenente un manuale di istruzioni, forbici, aghi e filo per poter autoprodurre i propri vestiti.
Elena Fava, nel suo libro Vestire contro. Il dressing design di Archizoom, inerente proprio ai lavori conservati nel fondo CSAC, sottolinea come il Dressing Design nasca come riflessione teorica contro la moda e le sue ossessioni per poi trasformarsi in una proposta progettuale che cerca occasioni produttive concrete. Scrive Elena Fava:
Gli autori stessi hanno affermato provocatoriamente che «vestirsi è facile perché l'eleganza è morta», rivelando sin dall'inizio un rapporto ambiguo con la moda. Alla moda tradizionale e alle sue rigide convenzioni gli Archizoom contrappongono un uso libero e asessuato dell'abito che diventa uno strumento di comunicazione nelle mani dell'utente.5
Non bisogna dimenticare che si stava vivendo un periodo di forti cambiamenti nella moda e nell'industria dell'abbigliamento. Secondo Vittoria C. Caratozzolo
gli Archizoom Associati promuovono soprattutto un utilizzo diverso del patrimonio tecnologico a differenza di molti degli stilisti di quel momento che considerano in effetti l'industria dell'abbigliamento soltanto come sistema imitativo di tecniche e figurazione artigiane, mostrandosi sostanzialmente estranei alla portata davvero innovativa delle tecnologie più avanzate.6
La rivista IN e il numero curato da Gillo Dorfles
Nel 1971, insieme a Ugo La Pietra, Superstudio ed Ettore Sottsass anche il gruppo di architetti fiorentini partecipa alla progettazione della rivista milanese “IN – Argomenti e immagini di design”, sul tema della distruzione dell’oggetto. L'idea era di mettere in discussione il ruolo della produzione in una società in cui gli oggetti non sono più destinati a portare avanti significati specifici.
Distruggerli significava dunque sfidare le tradizionali strutture formali dell'ambiente costruito. In un altro numero della stessa rivista, curato da Gillo Dorfles e pubblicato nel 19727, si analizza moda e design come nodo di riflessione centrale. Critico d'arte, pittore e filosofo, Dorfles era anche attivo sul fronte della moda e del design con importanti volumi come Mode & Modi, edito da Gabriele Mazzotta nel 1979.
Nel numero di “IN”8 intitolato Moda e Società, design dell’oggetto e design della moda vengono indagati, nella visione di Dorfles, come degli agenti attivi di trasformazione culturale e politica, attraverso numerosi interventi di artisti e designer, tra cui Lamberto Pignotti, Ettore Sottsass Jr, Archizoom, Vincenzo Ferrari, Ugo Nespolo, i cui lasciti sono tutti presenti allo CSAC. Non mancavano rappresentanti di posizioni antimoda, come Oliver Burgelin9. Della rivista è conservato ed esposto in questa esposizione virtuale, oltre all’impaginato del progetto di Ettore Sottsass Jr, Vestiti e Svestiti, cioè tutti sono vestiti, composto da 36 tavole in bianco e nero, anche il progetto di Archizoom Vestirsi è facile. Entrambi i progetti aprono ad alcune riflessioni legate al corpo, che diventa un punto d’incontro tra fashion studies e design studies10.
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Alessandra Acocella, “Traiettorie dell’avanguardia a Pistoia negli anni Sessanta: tra pittura, oggetti, azioni” in Alessandra Acocella, Annamaria Iacuzzi, Caterina Toschi (a cura di), Pistoia Novecento. Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra, Gli Ori, Pistoia, 2020.
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Pino Brugellis, Gianni Pettena, Alberto Salvadori (a cura di), Utopie radicali. Archizoom, Remo Buti, 9999, Gianni Pettena, Superstudio, UFO, Zziggurat, Quodilibet, pag. 104.
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Emilio Ambasz, The New Italian Domestic Landscape, MoMA, 1972.
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Dario Scodeller, “Exhibition, Anti - Exhibition: su alcune questioni espositive del pop e del radical design italiano, 1966 – 1981”, in Storie e Ricerche ## 3 Design Italiano: Musei, Mostre e Archivi, AIS/Design Storie e Ricerche, 2014.
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Elena Fava, Vestire Contro. Il dressing design di Archizoom, Bruno Mondadori, 2018.
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Vittoria C. Caratozzolo, “Giù dal corpo, Il dressign design”, in Paola Calaiacomo (a cura di), Fatto in Italia, La cultura del made in Italy (1960-2000), Meltemi Editore, Roma, 2006, p. 84.
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In, Argomenti e immagini di design n. 8 novembre-dicembre 1972, Moda e Società.
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La rivista digitalizzata è fruibile sul sito di Ugo La Pietra (visualizzazione dicembre 2021).
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Vittoria C. Caratozzolo, Giù dal corpo, Il dressign design, in Paolo Calaiacomo (a cura di), Fatto in Italia, La cultura del made in Italy (1960-2000), Meltemi Editore, Roma, 2006.
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Si rimanda a Davide Fornari, Gabriele Monti, Dialogo, in Frid, 2017. Sul metodo/sui metodi. Esplorazioni per le identità del design, a cura di Raimonda Riccini, Mimesis, Milano, 2018.